L'introduzione delle cartiere nel territorio amalfitano avvenne, come si è dimostrato, nel corso del XIII secolo. Si trattò in effetti di una graduale trasformazione dei mulini ad acqua dapprima in gualchiere, che mediante magli di legno provvedevano alla sodatura dei panni, e quindi in ultimo in cartiere, come conferma un documento del 1380, nel quale si legge che in quo predicto molendino facta est balkeria ad faciendum cartas bombicinas. Gli opifici per la fabbricazione della carta vennero impiantati lungo la Valle dei Mulini. Proprio la presenza di abbondante acqua e la possibilità, grazie alla fiorente attività commerciale, di procurarsi facilmente gli stracci , fecero degli Amalfitani importanti produttori di carta. Dal XV secolo aumentò l'esigenza di scritture pubbliche e private e ciò determinò l'impianto di nuove cartiere, il cui numero crebbe, come afferma Don Giuseppe Imperato, dopo il Concilio di Trento quando fu resa obbligatoria per le Parrocchie la trascrizione degli atti di battesimo, cresima, matrimonio e morte. L'attività cartaria rimase fiorente anche dopo la decadenza politica della città, soprattutto grazie all'ottima qualità della carta prodotta e i fabbricanti amalfitani erano cosi' ricchi e potenti da costituire la ''Congrega dei Cartari'', che si riuniva nella Chiesa dello Spirito Santo sulla linea di spartizione tra la città di Amalfi e Amalfi fore porta, la quale ultima coincideva con Valle dei Mulini, cioè con l'area produttiva. Verso la fine del XVIII secolo F. Sacco nel suo Dizionario annovera sedici cartiere ad Amalfi ed il Galanti nelle sue Relazioni al Re ne conta tredici, reputandole tra le migliori del Regno; Franca Assante nel saggio La Ricchezza di Amalfi nel Settecento sottolinea come essa sia rappresentata da ...negozianti, molinari, ma soprattutto padroni di cartiera, i cui nomi ci sono già noti : Amatruda, Bonito, Cimino, Lucibello, Taiano, Torre. Essi possiedono complessivamente dodici cartiere con un totale di centoventicinque pile e figurano in catasto con una rendita netta di oltre 1.450 ducati. Nello specifico la famiglia Amatruda, il cui cognome deriva da un nome proprio femminile di origine longobarda, era presente fin dal 1198 nel casale amalfitano di Pogerola e, nel corso del XIV secolo, partecipava attivamente alla vita sociale di Amalfi. Dalle pergamene degli Archivi Vescovili di Ravello ed Amalfi (VII, pag. 85, n.CCXLII) risulta che un rappresentante della famiglia dei cartari Amatruda: Barnaba De Amatruda, passato a vivere a Scala, permuto' nel 1483 con il Monastero di San Cataldo alcuni beni a Campodonnico. Di quell'epoca è anche la più antica filigrana Amatruda: un cerchio coronato e caricato da tre gigli angioini, con il cartiglio recante la dicitura Amatrulo. Il tramonto della produzione cartaria ad Amalfi era, verso la fine del XVIII secolo, ormai alle porte. Infatti, proprio in quegli anni, si passava dalla lavorazione a mano alla produzione meccanizzata, grazie all'uso della macchina continua, che comportava l'abbandono dei tradizionali metodi di fabbricazione. Tale modifica produttiva richiedeva l'investimento di ingenti capitali, che le famiglie impegnate nella produzione cartaria certamente non possedevano. La politica protezionistica borbonica, però, riuscì addirittura ad incrementare la produzione nel secondo, terzo decennio dell'Ottocento, cosicchè nel 1861, ad Amalfi, erano attive ben trentotto cartiere.